Villa Pallavicini, il gioiello di Pegli torna a splendere

Era il 23 settembre del 1846 quando aprì al pubblico Villa Durazzo Pallavicini di Pegli, nel ponente di Genova, diventando uno dei parchi monumentali più significativi nell’Europa dei giardini storici. Venerdì 23 settembre, 170 anni dopo la prima inaugurazione, il parco è tornato a essere visitabile grazie ai lavori di restauro più importanti di sempre.

Villa Pallavicini

Villa Pallavicini

Il Parco fu realizzato per volere del marchese Ignazio Pallavicini, che negli anni Quaranta dell’Ottocento incaricò l’architetto Michele Canzio, scenografo del Teatro Carlo Felice, di occuparsi del bosco alle spalle della sua villa. Otto ettari di collina furono modellati come un’opera teatrale dalle sfumature esoteriche e massoniche per rendere la visita un’esperienza unica per il suo carattere interdisciplinare: storico-culturale, paesaggistico-botanico, meditativo-filosofico. Il percorso è lungo quasi tre chilometri e si articola in tre atti, le cui scene sono composte da laghi, torrentelli, cascate, piante rare e architetture da giardino in stile neoclassico, neogotico, rustico, cineseggiante ed esotico.

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Dopo cinque anni di lavori costati oltre 4milioni di euro - finanziati in gran parte con fondi residui delle Colombiane del 1992, per i 500 anni dalla scoperta dell’America -  hanno fatto rinascere il Parco grazie alla ricomposizione delle scenografie vegetali, alla ricostruzione di percorsi, muri e opere di ingegneria naturalistica.  Attesissimo il restauro del Castello del Capitano, il maniero sulla sommità della collina da cui si gode di una vista mozzafiato che da Capo Noli spazia sino al promontorio di Portofino.

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«Da quando il parco fu donato al Comune di Genova, nel 1928, questa parte di villa non è mai stata aperta al pubblico», spiega l’architetto Silvana Ghigino, da trent’anni in prima linea insieme al collega Fabio Calvi per riportare Villa Pallavicini all’antico splendore. «Finalmente il Parco è tornato all’antico splendore. Genova e i turisti devono conoscerlo, perché non esiste nulla di simile».

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Belli e abbandonati i borghi della Liguria

Bussana Vecchia diventò un borgo fantasma dopo il terremoto del 1887, il quarto in nemmeno cinquant’anni. Balestrino, paesino del savonese abitato dal Paleolitico, subì lo stesso destino negli anni Cinquanta per colpa delle frane. Quando non sono state le calamità naturali ci ha pensato il desiderio di benessere a spopolare i villaggi dei monti liguri: alcuni sono già stati inghiottiti dai boschi, altri resistono con una manciata di abitanti. “I borghi antichi abbandonati” è un Progetto di ricerca di Ateneo finanziato dall’Università di Genova che terminerà a ottobre: tra i risultati c’è stata la pubblicazione del volume “I borghi antichi abbandonati  – Patrimonio da riscoprire e mettere in sicurezza” (ed. Franco Angeli).

Bussana Vecchia, foto di Wikipedia

Bussana Vecchia, foto di Wikipedia

«Lo spopolamento riguarda tutta l’Europa e in particolare l’Italia, dove si stimano cinquemila borghi fantasma», spiega l’autrice Francesca Pirlone, ricercatrice del Dicca (Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale) e docente di Pianificazione urbanistica e territoriale. «La Liguria è una delle regioni italiane più colpite dal fenomeno. Alle cause storiche e naturali si aggiungono quelle di tipo logistico, sociale, economico e culturale». Il team di pianificazione territoriale del Dicca, composto da Francesca Pirlone, Ilenia Spadaro e Selena Candia – supportato da altri ricercatori di scienze ambientali -  ha studiato i tanti casi della Liguria.

Nel savonese, a Calice Ligure, il borgo di Cravarezza fu abbandonato dopo la chiusura della vicina miniera di grafite; nello spezzino lo spopolamento è avvenuto soprattutto in Val di Vara, con gli abitanti attirati dall’industrializzazione degli anni Settanta. «Nel territorio genovese ha interessato in particolare la Val Fontanabuona, dove è andato in crisi il settore dell’ardesia,  la Valle Sturla, la Val Graveglia, la Val Pentemina», spiega Francesca Pirlone. «Molti borghi erano stati costruiti lungo le antiche vie del sale, ora tagliate fuori dal sistema viario. Inoltre nel Medioevo più un borgo era difficilmente raggiungibile più era sicuro».

Canate di Marsiglia

Canate di Marsiglia

Dal dopoguerra è emersa la differenza con la qualità di vita offerta dalle città, ricche di servizi e trasporti e vicine ai luoghi di lavoro e di studio. I paesi che per primi sono stati collegati alla nuova rete stradale sono sopravvissuti anche grazie all’arrivo di immigrati attirati dal minor costo degli affitti: in provincia di Genova ne sono un esempio Mezzanego, Borzonasca e Favale di Malvaro. Canate di Marsiglia nel comune di Davagna è il caso opposto. A fine Ottocento i 250 abitanti si convertirono ai lavori portuali ma negli anni del Boom il paese fu abbandonato perché la prima strada carrabile distava (e dista tuttora) un’ora di cammino nel bosco.

Pentema, foto di Davide Papalini (da Wikipedia). Licenza CC BY-SA 3.0

Pentema, foto di Davide Papalini (da Wikipedia). Licenza CC BY-SA 3.0

Nelle valli dell’Antola la vocazione agricola si è persa quasi ovunque e i borghi deserti si contano a decine. La Val Pentemina, tra Montoggio e Torriglia, sconta strade sterrate, numerose frane e in alcuni casi l’assenza di illuminazione pubblica. Nella Valbrevenna l’80% dei 750 abitanti vive nella bassa valle e ci sono una dozzina di località con meno di dieci residenti; la Val Vobbia ha meno di 500 abitanti e soffre le carenze di viabilità e collegamenti pubblici. «Alcuni borghi tornano a vivere di estate perché le abitazioni contadine diventano seconde case», spiega Francesca Pirlone. «Altri paesi riescono a sopravvivere grazie a particolare iniziative turistiche». E’ il caso di Pentema, popolato da una decina di anziani ma con un presepe che attira turisti da tutta la regione. Nell’imperiese è celebre il caso di Bussana Vecchia, diventato centro di richiamo per gli artisti.  

Partendo da casi virtuosi a livello internazionale – come gli ecovillaggi nei Pirenei spagnoli e il piano per il ripopolamento rurale in Irlanda – la ricerca di Francesca Pirlone propone diverse soluzioni. Innanzitutto la creazione di un Atlante dei borghi abbandonati o in via di abbandono, per mappare un fenomeno di cui si hanno solo stime, analizzarne i motivi per elaborare dei piani di recupero. «In alcuni casi si tratta di ricucire le vie di mobilità e di traporto, in altri di mettere in sicurezza il territorio. A quel punto si può studiare la funzione da dare ai villaggi abbandonati». Tra le esperienze vincenti c’è il turismo degli alberghi “diffusi” o la trasformazione del borgo in fattoria sociale, con un’agricoltura che coinvolge persone a rischio di esclusione come portatori di handicap, ex detenuti o anziani. Tra le strategie possibili ci sono l’utilizzo dei borghi come set cinematografici e gallerie d’arte all’aperto. In Italia si è già assistito alla vendita dei paesi fantasma a cifre simboliche per favorire l’intervento dei privati.  «Per un recupero concreto è però necessario un rapporto efficace tra pubblico e privato», precisa Francesca Pirlone. «Le sinergie sperimentate in alcuni centri storici italiani si sono rivelate vincenti». 

 

Aruba, la fattoria delle farfalle

Volano libere in un giardino tropicale con fiori, laghetti e alberi di banano. The Butterfly Farm è ad Aruba, un’isoletta caraibica vicina al Venezuela ma parte del Regno dei Paesi Bassi. Questa “fattoria delle farfalle” circondata da reti ospita 35 specie provenienti da tutto il mondo, con esemplari di Aruba, Costa Rica, Brasile, Indonesia, Filippine e Australia. The Butterfly Farm si trova nella capitale Oranjestad e ha un gemello nell’isola di St. Maarten. È  l’ideale per assistere al ciclo di vita degli insetti: da bozzolo a crisalide, e infine a farfalla. Aruba ha un clima tropicale, caldo ma dalle scarse precipitazioni. A differenza di gran parte dei Caraibi, colpiti dagli uragani, è visitabile tutto l’anno. Ecco alcuni degli esemplari che potreste incontrare visitandola.

(D.Repubblica.it, 12 agosto 2016)

Hello, World!

Sossop, non solo un carro e un cavallo. One Love sbarca a Genova

Carissimi tutti,

scusate se non mi sono più fatto sentire per la storia del carro e del cavallo,  ma la raccolta dei soldi è andata per le lunghe e ho aspettato la visita a Genova del cooperante di One Love Onlus, Giacomo Simonini, che è tornato in Italia per le vacanze estive.

Io e Selena non sappiamo come ringraziarvi.
La partecipazione è andata oltre ogni più rosea aspettativa!!
Dovevamo raccogliere 650 euro e invece in questo momento ne abbiamo davanti 2.020.

Sossop

Sossop

Ricapitolando: io e Selena a gennaio siamo andati in Senegal.
Nel villaggio di Sossop siamo stati ospiti dell'associazione di Pistoia di One Love Onlus, fondata e diretta da Giacomo. Come abbiamo deciso con lui, da settembre io e Selena diventeremo la sezione genovese di One Love. Servirà per seguire i progetti che faremo con i soldi raccolti. E cercare di migliorarci.

Sossop è qua.

Sossop è qua.

Questo è il video che abbiamo proiettato la sera della cena, che spiega perché cercavamo dei soldi per il villaggio di Sossop.

I soldi che ora abbiamo sono molti di più, principalmente per un motivo: una persona ha contribuito con 650 euro. I duemila (e venti) euro totali euro sono tanti quindi. Non tantissimi perché  l'Africa è cara, come l'Italia se non di più. E' anche per questo che è così difficile viverci.

Visto che 650 euro era la cifra per comprare un cavallo normale (500 euro) + un carretto (100-150 euro), investiremo qualcosa di più nel cavallo (i loro prezzi vanno dai 400 ai mille).  Per prenderne uno giovane e forte, ce ne vorranno facciamo 650-700. Aggiungendo il carro si arriva circa a 800 euro. Anche qui: l'idea era prendere il carro più economico di tutti, ma visto che dovrà trasportare tanti bambini si potrebbe pensare a prendere uno un po' migliore, non dico coi sedili ma con la tettoia sì, così da proteggere i bimbi dal sole.

Il cavallo sarà preso a settembre-ottobre, quando riaprono le scuole. Non ora perché Giacomo non è in Senegal e perché così risparmiamo due-tre mesi di vitto. L'associazione-madre con cui lavora One Love, Energia per i diritti Umani Onlus, ha già dato l'ok.

Per quanto riguarda il mantenimento, tra il fieno (siamo nella savana, non c'è l'erba ma cespugli secchi) e un contributo al volontario pare si arriverà a 80-100 euro al mese.  E' più di quanto vi avevo detto, ma non preoccupatevi. Come primo atto di One Love a Genova stringerò dei rapporti con delle scuole di Genova per far adottare questo progetto. Con pochi euro per bambino ciascuna classe potrà adottare il cavallo per un mese.

Giacomo Simonini

Giacomo Simonini

Cosa faremo con il resto dei soldi?
Abbiamo parlato a lungo con Giacomo e visto che lui conosce la situazione meglio di tutti sa qual è il problema più urgente. Alle due aule della scuola servono i pavimenti, che come vedete nella foto qui sotto sono di sabbia e creano problemi di fango e sporcizia. Farli costerebbe costerebbe almeno 600 euro.

Teniamoci larghi: calcoliamo, tra cavallo, carro e pavimenti, di spendere 1700 euro. 
Ne avanzano ancora e vogliamo spenderli in qualcosa che resti. ll bonifico che ho appena fatto è per realizzare questi due progetti: i cento, forse duecento euro che potrebbero avanzare li lasciamo a One Love per qualsiasi emergenza... dalla morte di una capra a qualsiasi necessità sanitaria urgente.

Passiamo ora ai soldi che sono avanzati.
Mi sono tenuto 320 euro da parte. Serviranno (non tutti, circa la metà) a mio fratello Daniele, Selena e suo cugino Jacopo (che ha avuto l'idea) per costruire dei kit di agricoltura aeroponica
La cifra che avanzerà sarà consegnata comunque a One Love Onlus con un nuovo bonifico, visto che tanto devo ancora ricevere qualche donazione.

Tra i modi di spendere questi soldi avanzati ci poteva essere la realizzazione di un sostegno a distanza nel villaggio (scuola+salute costa 20 euro all'anno). Ma in realtà non è una buona idea perché tra un anno i soldi finiranno. Se uno smette di pagare Save the Children, c'è sempre qualcuno di nuovo che subentra.

Con associazioni così piccole il rischio è che il bambino smetta di andare a scuola.
Colgo l'occasione per dirvi che chiunque voglia fare una mossa del genere - sostenere un bambino di Sossop a distanza - non deve fare altro che chiedere via mail a me (massimilianosalvo@gmail.com), a Selena (selenacandia@hotmail.it) o a Giacomo (giacomo.simonini77@gmail.com), che è poi è quello che fa tutto.


Concludo con questo video, che dimostra quanto bene si può fare con la cooperazione.
La Ong Liter of Light Italia - che porta la luce nei villaggi senza elettricità, e di cui ho scritto appena tornati dal Senegal - è appena stata anche a Sossop.

Buona visione, e grazie ancora a tutti.

Corsica-Sardegna-Elba. In nave, in un viaggio solo

Corsica e Sardegna insieme, in una vacanza sola. Magari partendo dalla Toscana, con qualche giorno all’isola d’Elbae perché no, un bagno finale in costa Azzurra. Nel mondo del turismo lo chiamano Island hopping, il “saltellare da un’isola all’altra”: era nato come metodo di conquista militare negli oceani e ora ha la sua più celebre applicazione nelle vacanze in Grecia, dove basta raggiungere l’Egeo e poi ci si sposta tra le isole, via traghetto. Da quest’estate è più facile saltellare anche nell’alto Tirreno, grazie alla Corsica Sardinia Ferries che inaugura le sue prime rotte dal sud della Francia per la Sardegna. Quattro le partenze serali ogni settimana da Nizza per il porto di Golfo Aranci, vicino a Olbia, il tutto con tappa intermedia a Porto Vecchio, nell'isola di Bonaparte: un portone aperto per il mercato francese, ma anche un’occasione di concorrenza alle navi in partenza dai porti di Genova e di Vado Ligure.

Ne è passato di tempo da quando la compagnia con le nave tinte di giallo fu fondata dall’armatore corso Pascal Lota, che in una Francia paralizzata dagli scioperi del 1968 fondò la Corsica Ferries e realizzò il suo sogno: collegare la Corsica all’Italia, in barba alla concorrenza a suo dire sleale delle linee a sovvenzione statale. Nel 1981 si sono poi aggiunti i tragitti con la Sardegna e nel 1996 sono partite le linee Nizza-Bastia e Civitavecchia-Golfo Aranci. Nel Tirreno c’era bisogno di più navi passeggeri e i numeri parlano chiaro: nel 2015 la Corsica Sardinia Ferries ha toccato il suo record storico con 3 milioni e seicentomila persone trasportate, più del doppio di quindici anni prima.

Con le nuove tratte il continente si ritrova più vicino alle isole, ma da quest’estate anche i viaggi tra Sardegna e Corsica diventano più semplici. Alle navi della Moby che collegano Bonifacio con Santa Teresa di Gallura si vanno infatti ad aggiungere – per la prima volta – i collegamenti di Corsica Sardinia Ferries tra le due isole e allo stesso tempo con la terraferma, seppure per ora solo dalla Francia. Perché le quattro navi a settimana che da Nizza raggiungono Golfo Aranci fanno stop prima nel sud della Corsica, a Porto Vecchio; e sempre Porto Vecchio sarà il punto di arrivo e di partenza della nuova tratta notturna Tolone-Porto Torres, attesa per metà giugno due volte a settimana.

Sardegna, tra Alghero e Bosa

Sardegna, tra Alghero e Bosa

Immaginando un itinerario in partenza da Piombino, l'isola d'Elba si raggiunge con una nave ogni mezz’ora: la prima è alle 5.30, l’ultima alle 22.30. La linea della Corsica Sardinia Ferriescollega l’isola d’Elba alla Corsica dal 15 giugno al 22 settembre due volte a settimana, il mercoledì e il giovedì con partenza alle 20 da Porto Ferraio e arrivo a Bastia alle 21.30 (il percorso inverso il giovedì e il venerdì con partenza alle 7) . Dalla Corsica alla Sardegna si viaggia con Moby da Bonifacio a Santa Teresa di Gallura alle 8.30, alle 12, alle 17 e alle 20. Con Corsica Sardinia Ferries si parte sino a quattro volte a settimana nella prima parte di mattina da Porto Vecchio (il suo orario oscilla in base ai giorni) con arrivo a Golfo Aranci tre ore dopo.  Appena partirà il notturno Porto Vecchio-Porto Torres-Tolone, Corsica e Sardegna saranno collegate con altri due viaggi serali a settimana: si parte dalla Corsica alle 18, scalo in Sardegna alle 21.15, nuova partenza alle 22 e arrivo in Costa Azzurra la mattina dopo.

Corsica, Capo Rosso

Corsica, Capo Rosso

Considerando tutte le grandi compagnie che servono le isole dell’alto Tirreno- Tirrenia, Grimaldi Lines, Grandi Navi Veloci, Moby e Corsica Sardinia Ferries – le possibilità di raggiungere Corsica e Sardegna sono numerose, con partenze e arrivi nei porti di Genova, Vado ligure, Livorno, Civitavecchia, Napoli,  Palermo, Ajaccio, Olbia, Arbatax e Cagliari. Ma a servire sia l’Elba che la Corsica e la Sardegna con scali in più isole nella stesa tratta c’è solamente la Corsica Sardinia Ferries, che infattista pensando a tariffe agevolate per chi sceglie di saltellare da un’isola all’altra. «L’island hopping è una prospettiva interessante», fa sapere la compagnia italo-francese. «Stiamo studiando un modo per renderlo ancora più facile».

(Repubblica.it, 3 giugno 2016)

Visitare un villaggio del Senegal (in cambio di una capra)

Scoprire la vita dei villaggi in Senegal non è semplice, perché non sono segnati nelle mappe e si raggiungono solo con sentieri sterrati. Ma è un’esperienza che vale il viaggio. E’ possibile farlo a Sossop, un gruppetto di capanne e granai a una ventina di chilometri da Thiadiaye, lungo la strada che da Dakar porta al sud del Paese. L’associazione italiana One Love Onlus, fondata da un ex giocatore di pallacanestro di Pistoia, Giacomo Simonini, accoglie volontari e visitatori in cambio di una piccola donazione.  «Possibilmente un animale per il villaggio, accompagno io stesso a comprarli nel mercato qui vicino», spiega Giacomo, barba folta e cantilena toscana.

Giacomo Simonini di One Love

Giacomo Simonini di One Love

Se in tutto il Senegal bisogna essere pronti ad adeguarsi, a Sossop ancora di più: si dorme su un materassino coperto dalla zanzariera, l’acqua si prende dal pozzo e le uniche luci sono alimentati dai pannelli solari di Liter of Light, un'impresa sociale di Prato. A prima vista può sembrare piacevolmente bucolico, ma ci vuole sempre rispetto, ricorda Giacomo. «Il Senegal entra nel cuore dei turisti perché è “genuino”, ma è anche un Paese dove metà della popolazione vive senza elettricità e l’acqua corrente è un lusso. E chi ha problemi di salute non ha possibilità di curarsi perché non hai soldi necessari».

La visitatrice Selena prepara il letto per la notte

La visitatrice Selena prepara il letto per la notte

Dal pozzo

Dal pozzo

Il villaggio

Il villaggio

A Sossop non c'è molto: un gruppo di capanne, un orto e la scuola costruita grazie all'associazione One Love.  Il problema è che quella scuola è l'unica della zona, e i bambini dei villaggi vicini non la frequentano.  I genitori non vogliono farli camminare chilometri nella savana perché il sole è cocente, camminare stanca e quanto tornano a casa spesso non hanno cibo a sufficienza per sfamarli. In primavera il problema si aggrava: sempre più caldo, sempre meno cibo. Il prossimo obiettivo è acquistare un cavallo e un carro, così One Love potrà mandare un volontario in giro per i villaggi per fare un carro-scuolabus e aumentare il numero degli iscritti nella scuola

La scuola del villaggio

La scuola del villaggio

L'associazione One Love è felice di accogliere i volontari durante tutto l'anno, escluso luglio e agosto.  Sono richieste: buona capacità di adattamento alle condizioni abitative, al clima, alle abitudini e allo spirito di gruppo; essere disponibile per tutte le attività che saranno svolte nel periodo di permanenza, rispettando lo stile di vita e gli orari dell'associazione. Per quanto riguarda i visitatori occasionali, sono i benvenuti. Per informazioni, cliccare qui.

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In volo sul deserto dalla Tunisia alla Mauritania. Il Sahara è uno spettacolo.

Un volo dal Mediterraneo all’Atlantico, dalla Tunisia alla Mauritania. In mezzo quattromila chilometri di deserto, con una vista mozzafiato di Algeria e Sahara Occidentale.

Durante le quattro ore di viaggio si vedono i tre paesaggi principali del Sahara: l’hammada, che con terreni rocciosi aridi e brulli è l’ambiente più diffuso; il serir, caratterizzato da ciottoli e ghiaia; l’erg, con le caratteristiche dune di sabbia trasportata dal vento. 

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L'arrivo in Mauritania, sull'Oceano Atlantico

L'arrivo in Mauritania, sull'Oceano Atlantico

Nuackhott, la capitale della Mauritania.

Nuackhott, la capitale della Mauritania.

(Repubblica.it, 26 marzo 2016)

Salgado, la Genesi del mondo in bianco e nero

Alla fine degli anni Novanta - dopo aver raccontato migrazioni umane senza precedenti, fughe da guerre e disastri naturali - il fotografo Sebastião Salgado aveva perso la fiducia nell’umanità. Ritornato a vivere in Brasile nella fazenda di famiglia, un paradiso che la deforestazione aveva lasciato senza vita, con la moglie Lélia ha cominciato ripiantare gli alberi. Migliaia di alberi. In poco tempo sono ricomparsi gli uccelli, i fiori, le farfalle. Ed è nata l’idea di un nuovo progetto: raccontare, per la prima volta, la bellezza del pianeta. Tornare al tempo delle eruzioni vulcaniche e dei terremoti che hanno modellato la Terra; agli animali selvaggi, alle tribù con uno stile di vita immutato da secoli. Un progetto monumentale, che rimandasse alla creazione, all’aria, all’acqua, al fuoco da cui è nata la vita. Decisero di chiamarlo Genesi.

© Sebastião Salgado/Amazonas Images/Contrasto

© Sebastião Salgado/Amazonas Images/Contrasto

La mostra di Sebastião Salgado, il più grande fotografo documentarista del nostro tempo, arriva a Genova sabato 27 febbraio. Oltre duecento fotografie, che con un proverbiale - e meraviglioso - bianco e nero - spaziano dalle foreste tropicali dell’Amazzonia e del Congo ai ghiacciai dell’Antartide; dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’Africa sino alle montagne di Cile e Siberia. Finanziato da numerosi sostenitori privati- e anche grazie ad accordi con testate come Rolling Stones, The Guardian e Repubblica - dal 2004, per otto anni, Sebastião Salgado ha fatto 32 viaggi nei più remoti angoli del globo. Spesso con la moglie Lélia, a volte con il figlio Juliano, quasi sempre con il collega e assistente Jacques Barthélemy.

© Sebastião Salgado/Amazonas Images/Contrasto

© Sebastião Salgado/Amazonas Images/Contrasto

Sebastião si è spostato a piedi, in barca, su piccoli areoplani, in mongolfiera, con carovane di muli. Ha fotografato vulcani, iceberg, deserti e foreste, sempre scontrandosi con la natura e ilclima di luoghi visitabili in precisi momenti dell’anno: il Polo sud ha temperature accessibili solo di estate, il Brasile è spesso vittima delle inondazioni, l’Indonesia ha una breve stagione secca.  Genesi è il racconto di questi viaggi, ma è anche un’ode alla bellezza e alla fragilità della Terra. Come ama dire Salgado, «una lettera d’amore per il pianeta».  L’approccio non è quello del giornalista e nemmeno dello scienziato, ma il desiderio romantico di esplorare paesaggi e popoli non contaminati dall’uomo moderno. Il mondo di pinguini, balene e leoni marini, dominatoda mandrie di gnu ed elefanti, abitato dagli Indios Zo’è in Amazzonia e dai Korowai in Papua Nuova Guinea.  

Genesi vuole far conoscere questa meraviglia, da «proteggere e conservare per le generazioni future», ripete con speranza, Sebastião Salgado. «Perché il 46% del mondo è ancora com’era al momento della creazione». La mostra è prodotta da Civita su progetto di Contrasto e Amazonas Images; sarà visitabile nel Sottoporticato, in piazza Matteotti 9, sino al26 giugno. Orari: lunedì 14 – 19; da martedì a domenica 10 – 19. La biglietteria chiude un’ora prima.