Pentema, il paese di sette abitanti che si salva diventando un presepe

E’ una storia che va avanti da 22 anni, più forte della neve e delle frane che negli anni hanno tormentato questo paesino dell’Appennino ligure a un’ora e venti di curve da Genova. Era il 1994, e alla messa di Natale nella chiesa di Pentema le persone si contavano sulle dita di una mano. «Don Pietro ci fece notare che se si andava avanti così, di lì a poco Pentema sarebbe morta», racconta Angelo Carpignano, genovese che passa gran parte dell’anno nel borgo di poche case accanto al paese. «Bisognava inventarsi qualcosa al più presto». Il Natale successivo nasceva un presepe che riportava Pentema alla fine dell’Ottocento, con i mestieri di allora ricreati tra le sue stradine, sotto gli archi, nelle aie delle abitazioni, nelle stanze delle antiche case di pietra.

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Da allora i volontari del circolo “Amici di Pentema” di cui Carpignano è presidente ogni autunno posizionano nel borgo decine di statue a grandezza naturale: manichini vestiti con gli indumenti trovati nei guardaroba dei più anziani e le facce modellate dal pongo, per avere le sembianze di pentemini davvero esistiti. Anno dopo anno ai visitatori genovesi si sono aggiunti appassionati in arrivo dalle regioni vicine, in particolare Piemonte, Lombardia e Toscana. «Il record è stato fatto quando Don Pietro e alcuni pentemini furono invitati a Domenica In», ricorda Angelo Carpignano. «Quell’inverno arrivarono diciannovemila persone da tutto il Nord Italia. Le strade esplodevano di gente, ce n’era fin troppa. Ma che gioia».

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A raggiungere questo paesino di sette abitanti nascosto tra i monti ogni anno sono almeno in settemila, con fiammate verso l’alto negli inverni di bel tempo. Un successo strepitoso, tanto da spingere nel 2015 il giardiniere genovese Stefano Fossa a lasciare la sua casa nella periferia di Genova e rilevare la gestione della Locanda al Pettirosso, l’unica del borgo. Stefano è così diventato il pentemino di gran lunga più giovane con i suoi 51 anni, e da allora ha preso mucche, capre e galline. Durante la settimana pascola gli animali, raccoglie la legna, vende le uova e il latte che munge, mentre il weekend si trasforma in ristoratore grazie all’aiuto del nipote ai fornelli. «La forza del presepe è tenere in vita il paese nei mesi prima e dopo Natale, quando non verrebbe più nessuno»,  spiega Stefano Fossa davanti a un bicchiere di vino.  «C’è gente a ottobre e novembre, perché il presepe deve essere allestito. E pure a febbraio e marzo, quando i manichini devono essere rimessi nei magazzini».

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L’edizione 2016 del presepe sarà inaugurata l’8 dicembre alle 14.30 con la musica di cornamuse e fisarmoniche, accompagnata da canti natalizi danze popolari e la cerimonia del Confuego; gli appuntamenti proseguiranno sino a metà gennaio, con visite guidate, concerti e letture.  Tra le quaranta scene di quest’anno la novità è la “strafia”, una teleferica che i contadini utilizzavano per trasportare legna, fieno e carbone. Quest’anno il presepe è stato allestito da venticinque volontari che hanno dedicato parecchie domeniche al bene di Pentema.

«E’ il paese di origine della mia famiglia», racconta Giulia Vecchia, 26 anni, mentre dipinge di marrone le statue delle mucche con il fidanzato Luigi Parodi. «Ogni anno ci divertiamo a preparare il presepe tutti insieme, ormai è una tradizione. Ed è un modo per tenere vivo il paese». Tra le volontarie più attive ci sono Laura Rubattino, che rammenda i vestiti delle statue rovinati dalle settimane passate sotto le intemperie,  e la mamma di Giulia, psicopedagogista genovese che quando è a Pentema torna a essere “la Franca”. «Pentema è un patrimonio per tutto l’entroterra, speriamo che diventi un punto di riferimento. Anche se non abitiamo qua tutto l’anno, noi che abbiamo la casa a Pentema e a Pentema siamo cresciuti abbiamo il dovere di fare qualcosa, altrimenti sappiamo che il destino di questo paese è l’abbandono». Lo dice sorridendo. «Ma anche quest’anno, grazie al presepe, siamo riusciti a salvarlo».

Foto di Luigi Parodi

Foto di Luigi Parodi