Richi, quel gran genio del mio amico

Ha sempre bruciato le tappe, Richi. Che si trattasse di suonare una ballata di Chopin, dirigere un cantiere o imparare a costruir biciclette, lui arrivava prima degli altri e nel farlo era sempre sé stesso: t-shirt, capelli ribelli, barbetta bionda. Riccardo se n’è andato il 10 giugno, in 32 anni è riuscito a essere di tutto: architetto, pianista, meccanico, falegname, snowboarder, viaggiatore, ecologista, vegetariano, velista, sci alpinista. Da nove mesi era marito di Alessandra e tra poco sarebbe diventato padre, del bimbo è stato lui a scegliere il nome: Elio.

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«Richi illuminava ogni posto dove andava», ripete la mamma Laura, e non bisogna pensare che fosse di parte perché Riccardo Rossi era davvero così. Nato nel 1986 e cresciuto nel quartiere genovese di Pegli, ha frequentato il liceo classico Mazzini con la semplicità che hanno in pochi. Bravura innata nelle materie scientifiche, poco studio per eccellere in quelle letterarie, una matita in mano e ogni fantasia prendeva forma. Nessuno ha mai capito perché trascurasse il pianoforte dopo il diploma al conservatorio, ma forse aveva ragione lui, nella vita ci sono troppe cose da fare: una laurea in architettura, viaggi dalla Cambogia al Messico, camminate sui monti, una Fiat 500 e una Ducati da riparare di continuo, la patente nautica e la passione per le biciclette.

Foto di Alberto Carmagnani

Foto di Alberto Carmagnani

Con i compagni di corso ha fondato il Gruppo Informale, un laboratorio di progettazione con poche parole d’ordine: riuso, riciclo, autoproduzione. Riccardo era nel team che ha ridisegnato via Cornigliano, da inizio anno era assistente alla direzione lavori per la realizzazione del porto turistico di Ventimiglia e del retro-porto di Vado. «Ma più di tutto a lui piaceva smanettare e scoprire come funzionavano le cose», concordano gli amici.  Perché se c’era da sporcarsi le mani d’olio o di fango, lui era felice. Da mesi recuperava la casa del nonno a Viano, in Lunigiana, dove aveva liberato le fasce dai rovi e piantato degli ulivi. «Vorrei vivere lì», diceva, ed era uno dei suoi tanti sogni: un giorno avrebbe comprato un camper e un garage in riva al mare, suonato il violino, preso il brevetto di volo e finalmente sarebbe diventato medico come la mamma Laura Peirano, la sorella Roberta e il padre Giampaolo, scomparso da una decina d’anni.

Il primo di giugno però è arrivato il malore, per una settimana decine e decine di amici hanno affollato il reparto dove era ricoverato. Dall’ospedale dicono che il suo cuore batte già dentro un altro corpo, e c’è da giurare che lui ne sarebbe orgoglioso. D’altronde gli eroi sono giovani e belli, ed è proprio così che Richi resterà per sempre nei ricordi di tutti: abbronzato, con i capelli al vento, la barbetta, un dannato mazzo di chiavi appeso alla cintura e quell’amore così grande per la sua splendida Ale.

Foto di Alberto Carmagnani

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