Il vino in Liguria. Intervista al presidente Ais, Antonello Maietta

I vigneti sono pochi, il prezzo del vino è alto. A contar le bottiglie prodotte poi, la Liguria è saldamente tra i fanalini di coda: penultima in Italia, seguita solo dalla Valle d’Aosta. Eppure, in attesa di vedere come sarà la prossima vendemmia,  l’Associazione Italiana Sommelier non ha dubbi sullo stato di salute del vino ligure. «E’ ottimo», dice il presidente nazionale dell’Ais, Antonello Maietta.  «Da una decina d’anni si sta scoprendo la Liguria come terra di vocazione per il vino. Non solo in Italia: ormai si trovano vini liguri anche negli Stati Uniti o in Giappone».

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Antonello Maietta, come mai c’è questa inversione di tendenza?

Il consumatore è sempre più attento e cerca delle chicche, che in Liguria è possibile trovare. Vini unici come la Bianchetta o il Bosco delle Cinque Terre, per non parlare del Pigato e del Rossese di Dolceacqua che negli ultimi cinque anni stanno avendo un’esplosione.

Antonello Maietta, presidente nazionale di Ais

Antonello Maietta, presidente nazionale di Ais

Quanto conta la geografia, in una regione stretta tra montagne e mare?

E’ un’originalità che non si trova da nessuna parte, in Italia e probabilmente nel mondo. Al di là delle 8 Doc, in Liguria ci sono un centinaio di vitigni particolari: alcuni non hanno nemmeno un nome in italiano, ma solo quello in dialetto.

Ci sono differenze tra riviera di Ponente e di Levante?

La filosofia, radicata al passato. Il Ponente ha come tradizione l’uso di una singola varietà,  mentre il Levante è più simile alla Toscana e infatti usa diverse uve per fare un vino.

Fare il vignaiolo in Liguria è un mestiere ancora possibile?

Negli anni Cinquanta la produzione era tripla rispetto a oggi, e di sicuro i fasti quell’epoca non torneranno. Anzi: l’obiettivo è fermare l’abbandono della terra.  Ma avere meno prodotto significa confrontarsi con un mercato di qualità più elevata, quindi spuntare prezzi più elevati.

Quanto costa fare il vino in un territorio così difficile?

Almeno un 30 percento in più rispetto ad altre aree collinari italiane. A prima vista infatti il prezzo del vino ligure scoraggia: a scaffale si aggira sui 10-12 euro, con punte di 70 euro e passa per lo sciacchetrà.

E allora cosa spinge a bere un vino ligure?

Prima era un gesto di affetto e attenzione verso una regione piccola, ora c’entra la qualità. Il vino ligure tira molto nelle grandi città come Roma e Milano. E non a caso: sono zone che non hanno una produzione significativa.  Non avrebbe senso portare il bianco ligure in Friuli e il rosso in Toscana.

Al di là della cucina regionale, per cosa è adatto il vino ligure?

Nascere sul mare dona sapidità, freschezza, vivacità. Volendo azzardare, il vino ligure è molto adatto alla cucina asiatica, dal sushi ai cibi speziati della tradizione orientale.

Il vitigno più coltivato è senza dubbio il Vermentino. La Liguria è una terra da vino bianco quindi?

Il 65 percento di produzione è di bianco, ma la Liguria è l’unica regione d’Italia dove i rossi guadagnano terreno. Questo perché i rossi liguri stanno dando grandi soddisfazioni, anche grazie a vitigni mediterranei come la Granaccia, che non è altro che il nome locale del Cannonau sardo. Ormai la Liguria produce di tutto, compresi rosati, spumanti, passiti. Ma stiamo parlando di produzioni piccole o piccolissime. In Liguria si coltivano circa 1.700 ettari di vigneti all’anno. Nel Comune di Montalcino ce ne sono più di duemila solo per fare il Brunello».